mercoledì 16 novembre 2011

William Faulkner

William Cuthbert Faulkner, L’urlo e il furore. (Einaudi)
La storia comincia con i pensieri di un ritardato, pensieri per modo di dire, sguardi gettati intorno, pezzi di ricordi, immagini mentali, emozioni a metà. Poi si allarga ai pensieri del fratello, poi di un altro fratello. Si dilata nei pensieri e nei ricordi che diventano una storia, si aprono su un ambiente, ingranano insieme dei fatti. Sullo sfondo compare e persiste la sorella.
Poco per volta, in queste prime tre parti in prima persona c’è la storia di tutta la famiglia. Il genio di Faulkner è di non raccontarla con ordine, ma di mettercela lì come i personaggi la sanno, tutta in una volta, con i suoi pezzi che fluiscono nella coscienza e si scoprono uno dopo l’altro in disordine, o meglio nell’ordine della memoria, che si articola nel tempo ogni volta rivissuto e non in una sequenza spazialmente definibile.
Poi, la quarta parte è in terza persona, e la corrente della memoria si arresta e ancora si allarga in una narrazione conseguente, e i fatti definiscono il disastro delle esistenze che sono arrivate fino a quel giorno. E dopo ancora, l’Appendice riapre il romanzo e lo riprende da capo, e racconta dall’esterno le storie di tutti.
In Teoria del romanzo György Lukács scrive che l’impossibilità di fronteggiare il peso e la forza eccessiva del tempo reale sono all’origine dei pericoli che minacciano il romanzo della disillusione: lo smembramento e la mancanza di una forma. Ma la perdita delle strutture temporali che è presente in tutta la grande letteratura moderna, forse a partire da Samuel Richardson con Clarissa, riflette la perdita del senso strutturale dell’esistenza, privata di una finalità individuale come di una teleologia collettiva, e in L’urlo e il furore la mancanza di struttura ordinata della narrazione riflette la perdita di struttura di una famiglia e di un mondo.
Di Faulkner, Vargas Llosa dice che è uno dei grandi scrittori che hanno realizzato l’impossibile di riassumere in una storia, in un numero relativo di capitoli e di pagine, la vertigine infinita che è l’esperienza umana. E nel leggere il libro bisogna aspettarsi proprio questo, di scivolare di colpo, dalla prima pagina, in una vertigine. Che richiede attenzione, raccoglimento e abbandono completo.
Emilio Tadini scrive nell’introduzione: “In quello che si chiama «l’attuale panorama letterario», un libro come L’urlo e il furore dovrebbe esplodere come una bomba. Forse sarebbe utile che lo leggessero - o lo rileggessero - certi scrittori «giovani». Una bella cura ricostituente…”.
Forse qualcuno scoprirebbe magie stilistiche e formali che vanno al di là, e sono un po’ meno facili, dell’abolizione dei segni d’interpunzione, o del cambiar discorso improvvisamente o, che è ancora più facile, dello scrivere stronzate incomprensibili. E qualcuno si accorgerebbe anche che la metanarrativa non è affatto una novità. Però se si dice metafiction fa più figo. (bamborino)
Gli uomini si dividono in due categorie. Quelli che pensano sempre alle donne e quelli che non hanno immaginazione. (Louis Skorecki, Entrerà nella leggenda)

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