lunedì 13 febbraio 2012

Georges Simenon

Georges Simenon, Lettera al  mio giudice. (Adelphi)
Questa lettura ha una storia tormentata. Molti anni fa avevo letto L'uomo che guardava passare i treni) e l’avevo trovato così noioso e pieno di luoghi comuni e di situazioni prevedibili che non ero riuscito a finirlo, e la voglia di leggere qualcosa di Simenon m’era passata definitivamente.
Poi ho letto Colazione da Tiffany e a un certo punto il narratore va a dormire leggendo “l’ultimo Simenon”. Dato che considero Truman Capote un grandissimo, tanto è bastato perché chiedessi subito in libreria cosa mi potevano consigliare. Una delle libraie mi ha detto che lei non sapeva ma suo padre li aveva letti tutti e diceva che il migliore era questo. L’ho cominciato il giorno dopo e non è stato facile smettere.
La storia di un delitto, la storia di una vita, la storia di una passione.
Raccontata in prima persona con un miracoloso ritmo sempre uguale, che mantiene la sua scansione lenta e oscura anche nei momenti in cui la tensione diventa fortissima, una storia di personaggi forti, di atmosfere dense e intense, di gesti e di sguardi pesanti.
Una totale epopea della solitudine generale, e della solitudine e della sensazione di diversità e di marginalità del protagonista, che si definisce come punto di partenza esistenziale nella sua adolescenza e che poi lo accompagna per tutta la vita. Il dottor Alavoine ci prova, ad essere e a vivere come tutti gli altri, ma poco a poco dentro di lui si fa strada lo strazio della consapevolezza, fino al momento di una liberazione imprevista ed esplosiva, quando trova il conforto che ha cercato per tutta la vita e che, quando l’ha raggiunto, gli si rivela insostenibile.
Simenon è grandioso in ogni singolo dettaglio di quest’opera e il racconto della passione del protagonista, nei momenti di tormento e nei momenti di pace, non trova nella mia memoria termini di paragone. Forse solo perché questo libro mi è arrivato esattamente quand’era il suo tempo e anche questo è stato bellissimo, trovare il libro giusto nel momento giusto.
Quanto a L’uomo che guardava passare i treni, credevo di averlo regalato, ma l’ho ritrovato, e lo rileggerò presto. (bamborino)
Ci vuole una vita intera per arrivare a vedersi per quello che si è, e anche allora si rischia di sbagliare. (Cormac McCarthy, Non è un paese per vecchi)

1 commento:

  1. Peraltro credo che il libro sia stato adattato per il cinema nel film Il Testimone, con Noiret e Sordi.

    RispondiElimina