giovedì 9 febbraio 2012

Sofocle, Marshall McLuhan, Adam Smith

Sofocle, Antigone. (Mondadori)
Marshall McLuhan, La galassia Gutenberg. (Armando)
Adam Smith, La ricchezza delle nazioni. (UTET)
Non esiste la città che è di un solo uomo, dice Emone a Creonte.
L’edizione Oscar dei tragici greci costa poco, è un bel libro rilegato, la traduzione di Raffaele Cantarella va via benissimo.
Il libro può rimanere lì per tirarlo fuori ogni tanto anche senza preoccupazioni per la nostra distanza culturale dal contesto, i Grandi hanno comunque qualcosa da dire a tutti, e ogni tanto si può fare un viaggio nella Grecia classica, per rifornirsi di pensieri e di emozioni.
Antigone è una tragedia breve, si legge in una sera. C’è il famoso coro sull’ingegno umano, e il coro sulla potenza dell’Amore che tutto travolge.
Ma soprattutto Antigone può essere utile per una riflessione sul potere, sui rapporti tra i governanti e il popolo.
Non esiste la città che è di un solo uomo, dice Emone a Creonte.
Ma forse esiste, la città che è di un solo uomo, e forse noi ci stavamo dentro, l'anno scorso quando avevamo pubblicato un post su questo argomento nel nostro blog precedente. E non perché l’uomo fosse un tiranno con poteri assoluti. Anzi.
Però quando un uomo governa una nazione dove non c’è nessun altro, allora forse è giusto che la nazione sia sua.
Sua perché gli era stata consegnata dalla miseria morale di un popolo che non ha avuto di meglio da fare che parlare per giorni dei suoi stili di vita.
Un popolo in cui anche quelli che si spacciano per oppositori si erano messi a intervistare prostitute e a organizzare trasmissioni radiofoniche in diretta di sfigati che commentavano i racconti delle prostitute.
Un popolo in cui un giornale come quel che è diventato adesso «l’Unità» era riuscito a raccogliere 37000 firme di gente che ci tiene a dire che no, noi ce l’abbiamo talmente preziosa che non ci sono soldi che bastino e quindi non siamo disposte a scopare per soldi. E glielo facciamo vedere a tutti mettendoci la sciarpa bianca. Patetico movimento delle sciarpe bianche che è durato sì e no una settimana, senza che a nessuno sia venuto in mente di mettersi una sciarpa magari rossa o nera per protestare per quello che è successo dopo e sta succedendo adesso. Comprese tutte quelle che ci hanno tenuto a dire che scopavano solo con l’uomo che amavano, e non sanno che bello che è scopare anche con quelli che ti piacciono senza l’imperativo categorico di amarli.
Ma per un certo tipo di pensiero (sic) politico evidentemente le dignità più rilevanti si localizzano nel bassoventre, cioè ciascuno pensa di sé quello che può, e se sente che i suoi valori si trovano lì, si comporta di conseguenza.
Marshall McLuhan ci dice che la stampa e gli altri mezzi di comunicazione con la loro uniformità, ripetibilità e ampiezza illimitata conferiscono in effetti fama e una seconda esistenza a qualunque cosa. Questa sorta di misera vita attribuita da ingegni deboli a temi altrettanto deboli compenetra di sé formalisticamente tutta l’esistenza, e dal momento che chi riceve il messaggio vive della stessa miseria di chi lo invia, l’aspirazione diventa quella di contemplare il proprio volto collettivo, e si esige che gli ingegni più piatti si diano da fare sempre di più, via via che il pubblico collettivo aumenta.
Come diceva Adam Smith, nella ricca società del libero mercato pensare o ragionare diventa, come ogni altro lavoro, un’attività specialistica, che viene svolta soltanto da pochissime persone, le quali forniscono al pubblico tutto il pensiero e la ragione che dovrebbero essere posseduti dalle masse dei lavoratori.
E così, la città è di un solo uomo.
Anche se di volta in volta l’uomo può cambiare, e ognuno si diverte come può, ci sono quelli che si divertono a scopare, e ci sono quelli che si divertono a prendere in giro pubblicamente la sofferenza di chi perde un lavoro e si deve arrabattare a cercarsene un altro. (moll)
In genere è certo che la maggior parte dei vecchi crede di aver molti diritti e soli diritti. Sapendo di non esser più raggiungibili da un’educazione, credono di poter vivere proprio come il loro organismo comanda. (Italo Svevo, Novella del buon vecchio e della fanciulla)

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