martedì 10 aprile 2012

Katie Hafner

Katie Hafner, Glenn Gould e la ricerca del pianoforte perfetto. (Einaudi)
Molti anni fa lavoravo in un reparto di un ospedale dove qualcuno aveva avuto l’idea di mettere un impianto di diffusione di musica, e io avevo portato qualche cassetta che avevo registrato personalmente, con la roba che mi piaceva di più e che mi sembrava più adatta, e dopo poco tempo in reparto si sentiva quasi solo Bach e Mozart.
Così un giorno un’infermiera giovanissima mi aveva detto, dottore, c’è un pezzo di pianoforte che si sente ogni tanto, che io quando passo in corridoio o sto facendo qualcosa arriva un momento che se c’è questa musica io mi devo fermare e per un attimo non posso più fare niente se non stare ferma ad ascoltare, ma non so cos’è e mi piacerebbe sapere cos’è.
Mi ricordo che non avevo avuto dubbi, poteva essere una sola cosa tra quelle che avevo registrato, e ho messo la cassetta nell’impianto e gliel’ho fatta sentire, e lei aveva detto sì dottore, è questa.
Era l’Aria delle Variazioni Goldberg suonata da Glenn Gould. Anche Wertheimer in Il soccombente di Thomas Bernhard si ferma nel corridoio del Mozarteum per ascoltarla.
E c’è un punto dell’Aria dell’esecuzione delle Variazioni Goldberg di Glenn Gould del 1955 in cui per un istante la musica resta sospesa tra una nota e l’altra, il tempo si spezza e lo spazio si svuota, e capisci che non sei niente, non sei mai stato niente e non sarai mai niente, ma adesso sei lì e un motivo per stare al mondo ce l’hai avuto. (herzenstube)
In questo libro c’è la storia di una camionista dell’UPS che aveva sentito Glenn Gould per la prima volta alla radio e non aveva fatto in tempo a cambiare stazione perché aveva le mani impegnate sul volante per fare una curva e da allora, dice, l’aveva ascoltato per tutta la vita.
Io non sapevo niente di Glenn Gould fino a un giorno degli anni Novanta quando ero andato a vedere il film di François Girard, Trentadue piccoli film su Glenn Gould, che comincia con il Preludio in do maggiore che apre Il clavicembalo ben temperato. Lo conoscevo nella versione per clavicembalo di Ralph Kirkpatrick e mi piaceva come poche cose m’erano mai piaciute, ma la versione di Glenn Gould era la Bellezza che mi si depositava nell’anima un poco alla volta e mi riempiva e mi svuotava. E da allora anch’io non ho più potuto fare a meno di Glenn Gould. (blifil)
Quest’opera di alta narrativa è la storia del CD 318, il pianoforte di Glenn Gould.
Ed è la storia della Steinway & Sons, della famiglia Steinweg che l’ha fondata, della gente che alla Steinway & Sons fabbricava i pianoforti uno a uno e un pezzo alla volta. La differenza tra il clavicembalo e il pianoforte, la storia del pianoforte da quando Bartolomeo Cristofori l’ha inventato fino agli Steinweg che l’hanno trasformato nel pianoforte che sentiamo oggi. La storia dei magazzini Eaton’s di Toronto e di chi ci lavorava e dei pianoforti Steinway che si trovavano lì.
La storia di tre vite.
Il CD 318 dalla nascita all’incidente che l’ha ammazzato, Glenn Gould che l’ha suonato per dieci anni, Charles Verne Edquist che l’ha accordato intonato e regolato migliaia di volte.
Come suonava come registrava come viveva Glenn Gould con le persone che gli stavano intorno, Glenn Gould che rompe le balle a tutti e tutti gli vogliono bene, Glenn Gould che non si esercita ma gli basta studiare gli spartiti, Glenn Gould e la sua sedia e le sue manie e i suoi disagi e le sue medicine e la sua casa come un porcile e la sua storia d’amore.
Glenn Gould che suona per l’ultima volta in pubblico il 10 aprile del 1964 e poi si ritira nelle notti dello studio di registrazione, a suonare e ripetere e suonare e ripetere e ascoltare e riascoltare e tagliare i nastri e mettere e rimettere insieme i pezzi fino al risultato che cerca. Mentre Verne Edquist rimette a posto l’accordatura e l’intonazione tutte le volte che lui lascia il pianoforte. Il CD 318.
Glenn Gould e Verne Edquist da bambini e da adulti. Verne Edquist quasi cieco e poverissimo in collegio e dopo, Verne Edquist e le altre storie degli accordatori di pianoforte ciechi. Il Canada, il freddo della neve e il caldo dell’auditorium di Eaton’s. Glenn Gould e Verne Edquist tutti e due con l’orecchio assoluto, lungo tutta la strada che li ha portati a incontrarsi e a incontrare il CD 318 e poi a perderlo per sempre.
Una storia ritmata dai dettagli tecnici del pianoforte in generale e del CD 318 in particolare.
Un libro che non ha una pagina che non sia profondamente commovente.
Glenn Gould è morto poco dopo avere registrato per la seconda volta le Variazioni Goldberg. Dopo aver cercato e trovato la versione definitiva del capolavoro da cui era partito il suo viaggio. Forse si può pensare che uno che suonava  solo se credeva di avere qualcosa di diverso da dire su quel che suonava, forse si può pensare che uno come lui a un certo punto abbia ritenuto di aver detto e fatto tutto quello che doveva dire e fare, e abbia deciso che la fatica di vivere, per lui, era ultimata.
E se per Glenn Gould avete provato sentimenti di venerazione, dopo questo libro l’unico sentimento possibile diventa l’amore. (bamborino)
A pag. XI abbiamo un depositato invece di depositati, a pag. 85 Hupfer diventa Hipfer, a pag. 101 c’è Vauxall invece di Vauxhall, a pag. 125 manca un di e subito dopo c’è un richiedeva invece di richiedevano, a pag. 126 c’è un discutibile eco, a pag. 140 troviamo stegonesco, a pag. 150 c’è una virgola in più, a pag. 173 flacido, a pag. 184 c’è la Carnagie Hall, a pag. 189 sul il.
Poi vorrei dire la mia su curricula plurale di curriculum a pag. 26, nel senso che secondo me se le parole di altre lingue in italiano non fanno il plurale, non lo dovrebbero fare nemmeno quelle latine, con buona pace di quelli che si credono di fare chissà che bella figura di sapienti dicendo e scrivendo curricula, ma non gli viene nemmeno in mente di dire e scrivere sponsores. E qui c’è anche chippers invece di chipper a pag. 35.
Forse non vediamo l'ora, tutti, di dedicare la nostra vita a qualcosa. (David Foster Wallace, Infinite Jest)

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