venerdì 14 settembre 2012

Pier Paolo Pasolini


Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita. (Garzanti)

Quando facevo il Ginnasio m’ero letto per conto mio la Gerusalemme liberata, e devo dire che ne ho ancora un buon ricordo. Da allora, ho fatto diversi tentativi, anche recenti, di portare a termine la lettura dell’Orlando Furioso, e devo dire che non ce l’ho mai fatta.
Di più, mi è nata da lì a convinzione che una cultura che produce un simile insensato e noioso carrozzone, si trovi per forza ad avere, nei secoli a seguire, poco da dire, e basta prendere in considerazione quello che è stata la letteratura italiana dall’Ottocento al Novecento, rami lacustri e fanciullini e tutto il resto, e paragonarla a quel che veniva prodotto altrove, per capire quel che intendo. Con buona pace di Italo Calvino, non casualmente grande ammiratore dell’Ariosto.
Ma tra Ottocento e Novecento, ce l’abbiamo avuto anche noi qualche grande romanzo veramente grande, e di questo capolavoro riesco a dire ben poco, tale è la commozione profonda che mi ha lasciato, anche ad anni di distanza.
Pier Paolo Pasolini è uno dei pochissimi scrittori italiani che stanno sui livelli più alti della narrativa moderna, e questo Maestro della letteratura e del cinema ha saputo trovare nel movimento nervoso e triste delle borgate romane le stesse devastazioni esistenziali che scrittori come Dos Passos Cheever Yates e Carver (vedi la parte dell’ospedale) hanno trovato nelle metropoli e nelle piccole città americane, raccontandocele con la stessa incisività senza fronzoli. Basta. (bamborino)




Non conosco lettura più facile, più attraente, più dolce di quella di un catalogo. (Anatole France, Il delitto di Sylvestre Bonnard)

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