mercoledì 1 maggio 2013

Philippe Godard


Philippe Godard, Contro il lavoro. (Elèuthera)

In quest’epoca di crisi si sente chiedere da parte dei sindacati più sviluppo, più investimenti, più ricerca per nuovi posti di lavoro, cioè per dirlo in un altro modo, coloro che sono sempre stati sfruttati dal capitalismo e in questo periodo storico ne risentono maggiormente i danni, chiedono più capitalismo.
E succede anche che alcuni operai sono stati licenziati ma il loro padrone è stato obbligato a riassumerli, e allora il padrone ha detto, qui non vi voglio più e quindi state a casa che vi pago lo stesso lo stipendio, ma gli operai vogliono andare in fabbrica comunque, perché è una questione di dignità, dicono loro e dicono tutti.
Dignità.
E non solo dignità, ne va di mezzo il senso della vita.
Arbeit macht frei, diceva qualcuno qualche anno fa.
Non solo. Adesso anche gli artisti, o meglio i sedicenti artisti di questa nostra povera ridicola epoca in cui tutto diventa arte creatività e cultura e nella quale tutti, qualunque miseria mentale producano, sono portati a prendersi tremendamente sul serio dal coinvolgimento in profondità operato dai mezzi di comunicazione elettronici, come dice Marshall Mc Luhan nel capitolo 17 sui Fumetti di Gli strumenti del comunicare, anche i sedicenti artisti adesso, finita l’Epoca Tipografica dell’individualismo, si vogliono sentire parte vibrante e partecipe della realtà tribale della collettività globalizzata e per chiedere e darsi maggiore dignità si autodefiniscono Lavoratori dell’Arte.
Potrebbe quindi essere di qualche utilità la lettura di questo libretto di Philippe Godard, criticato da tutte le parti e forse soprattutto da sinistra.
Per sapere qualcosa sulla Storia del lavoro, per scoprire come vivono le popolazioni primitive che si dedicano ad un’economia di sussistenza esente da attività produttive in cui il lavoro non esiste, e per comprendere meglio che a partire dal Neolitico uno dei modi più atroci di prendere in giro la gente che lavora è stato ed è quello di dir loro che il lavoro è il senso più profondo della vita e che nel lavoro si esprime tutta la loro dignità di persone, e per comprendere come la razionalità del capitalismo faccia solo disastri, come già tragicamente segnalato da Zygmunt Bauman in Modernità e Olocausto.
E per rendersi conto che con il moderno consumismo siamo arrivati a lavorare sempre e comunque e dovunque, e lavorare ben sodo, anche quando crediamo di spassarcela nel cosiddetto tempo libero. Sempre che non si lavori direttamente a una slot-machine per dar soldi a qualcuno.
Forse non ci si bada, ma anche quando leggiamo un giornaletto gratuito stiamo lavorando, un lavoro che consiste nel vedere la pubblicità, lavoro nel corso del quale produciamo i profitti dei pubblicitari, oltre che i profitti di quelli che fanno il giornaletto apparentemente gratuito.
Ma secondo me il libretto è importante soprattutto per una revisione e una chiarificazione delle idee che ci facciamo ascoltando le stupidaggini che si dicono in continuazione sulla attuale situazione economica e per comprendere come il significato di parecchie cose stia cambiando, il significato di cosa sia una merce, di cosa sia il denaro, e soprattutto di come sia cambiato il significato del valore d’uso, cioè le cose non hanno più un prezzo collegato a quel che valgono in quanto servono a qualcosa, ma hanno un prezzo legato a qualcosa d’altro, forse incomprensibile o forse comprensibile solo attraverso la critica letteraria, vedi Menzogna romantica e verità romanzesca di René Girard a proposito della vanità.
Cioè per fare un esempio, una volta fare un viaggio a piedi o su un carretto senza sospensioni era una cosa da crepare e viaggiare con un tiro a quattro ben molleggiato e coperto se pioveva era sostanzialmente meglio e si arrivava molto prima, e così qualche anno fa andare in giro con un’utilitaria o con una macchina di lusso erano due cose ben diverse, ma oggi se uno va da Milano a Roma con una macchina da 150000 euro o da 15000 euro arriva nello stesso tempo perché ci sono dei limiti di velocità e viaggia praticamente nello stesso modo, aria condizionata compresa.
Quanto al denaro, Godard ci fa osservare che la scomparsa della materialità fisica del denaro, che si stacca da una localizzabilità tangibile ed è diventato un flusso invisibile di informazioni, va di pari passo con il sempre più accentuato distacco del sapere dalla pratica della vita comune, chiuso come è in inaccessibili luoghi di studio, e per questo si rimanda alle previsioni di Harold Innis in Empire and Communications
Così secondo me si può osservare a proposito del denaro che l’attuale superiore efficienza della speculazione rispetto all’imprenditorialità non si sa dove potrà portare, mentre alcune imprese al giorno d’oggi devono la loro crescita di valore al fatto che c’è gente che molto volentieri lavora gratis per farle crescere, vedi YouTube e Facebook e anche Google, anche questo blog tutto sommato lavora per Google, ma a proposito del sapere si può osservare la nascita, con la sempre più spinta accessibilità di conoscenze attraverso Internet, di una possibilità di conoscenza diffusa, vedi Il lato oscuro della Rete di Nicholas Carr, e forse non è impossibile che questi due fenomeni nuovi possano portare a un graduale collasso di tutto il Sistema.
C’è poi il discorso sullo sfruttamento del Sud del mondo, e sul fatto che l’economia attuale consiste soprattutto in un’organizzazione della scarsità (per cui si rimanda anche a Sprechi di Tristram Stuart), e sul cosiddetto progresso e sul cosiddetto miglioramento della sanità che ha dato fin qui il bel (sic) risultato di far morire di fame e di malattie miliardi di persone, che Godard unisce a un discorso storico sul rapporto tra lavoro economia e asservimento distruttivo della natura, anche se a questo proposito è veramente un peccato che egli, critico come è su tutto e su tutti, si lasci prendere dall’ecologismo e anche da un po’ di animalismo.
Insomma questo è un libro che per solo 10 euro permette di darsi una bella scossa a tante cose di cui si è convinti senza sapere perché e che si danno per scontate senza sapere perché, e anche l’ipotesi di rivoluzione che propone Godard, la ricerca graduale e personale di una strategia del non-agire di tipo taoista, non è poi tanto distante dalla nostra proposta di imparare qualcosa da Herman Melville e da Bartleby lo scrivano. (bamborino)

A pag. 26 c’è da invece di dal e a pag. 42 c’è che al posto di per.




In tutta l’età moderna, il valore degli individui è stato misurato con il valore di mercato del loro lavoro. (Jeremy Rifkin, La fine del lavoro)

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