giovedì 23 febbraio 2012

Jonah Lehrer, Laura Boella, Maurice Merleau-Ponty

Jonah Lehrer, Proust era un neuroscienziato. (Codice edizioni)
Laura Boella, Neuroetica. (Raffaello Cortina Editore)
Maurice Merleau-Ponty, L'occhio e lo spirito. (SE)
Il libro di Jonah Lehrer è di solo 170 pagine ma è un libro colossale. Attraverso la letteratura, la pittura, la musica e l'arte culinaria, sì anche l’arte culinaria, fa un'esposizione completa e chiarissima di tutte le più recenti acquisizioni della neurofisiologia e ci mostra come tutto fosse già stato detto dagli artisti.
Non è facile riuscire a comunicare l'entusiasmo continuo che può dare la lettura di un libro come questo.
Può essere considerato una meravigliosa e tanto facilmente comprensibile quanto accurata spiegazione di come siamo fatti e di come si generano le nostre sensazioni e il pensiero che le accompagna.
Ma può essere considerato anche come una stupenda opera di critica, che mostra della narrativa e di altre arti aspetti che non erano nemmeno lontanamente evidenziabili prima che la scienza li mettesse in luce. Anche se l'arte ha sempre saputo tutto molto tempo prima della scienza. Il fatto, adesso, è che gli scienziati abbandonano le recenti stupidità riduzioniste e cominciano a stabilire che gli artisti avevano ragione, hanno sempre avuto ragione. Cioè, come dice Marshall McLuhan in Gli strumenti del comunicare, gli artisti raccolgono il messaggio della sfida culturale e tecnologica decenni prima che essa incominci a trasformare la società.
Lehrer passa in rassegna tutte le nostre facoltà, e non solo i sensi ma anche la memoria il linguaggio e l’emotività, e si spinge fino al libero arbitrio per arrivare al gran finale sulla coscienza, dove mette bene in luce come la caratteristica della coscienza sia l’assoluta impossibilità di trovarle una localizzazione cerebrale, in quanto si tratta di un fenomeno emergente dal complesso di tutte le attività dell’io. E questo, Lehrer lo fa vedere con il massimo di semplicità e con una leggerezza stilistica incredibile per la difficoltà e la complessità degli argomenti che tratta e delle cose che dice.
Alla fine veniamo a sapere su noi stessi cose che non ci saremmo mai immaginati. Soprattutto, perderemo una serie di false certezze, tra cui quella di poter avere delle certezze, ovvero di poter pensare a noi stessi come a macchine dotate di parti e di funzioni separate.
Un solo piccolo rimprovero a Jonah Lehrer, seguito da una piccola polemica.
Il rimprovero di aver citato, a proposito della coscienza, Daniel Dennett, chiamandolo autorevole filosofo (ma Dennett stesso si autodefinisce più o meno così), quando Dennett è in realtà uno che la coscienza non sa nemmeno lontanamente che cosa sia e tende a scambiarla con oggetti come le sedie e i tavoli o con i sistemi operativi (non lo diciamo solo noi, lo dice anche John Searle), e la considera e ne parla in modo completamente diverso da lui (lui Lehrer). Probabilmente perché la coscienza, avendo un'ontologia esclusivamente soggettiva, per capire che cos'è è necessario e sufficiente avercela e lui (lui Dennett), come tutti i cognitivisti-computazionalisti, finalmente avviati con le loro teorie verso una meritata obsolescenza, lui la coscienza non ce l'ha. D’altra parte che la coscienza non è una dotazione biologica uguale per tutti l’aveva detto anche un cognitivista-computazionalista come Gregory Bateson.
La piccola polemica, pur nella lode per la elegantissima scioltezza di Jonah Lehrer nel citare The boxer di Paul Simon, verte sul contenuto della nota 39 a pag. 183, dove mette i Ramones all'origine del punk, come del resto fanno quasi tutti, ma dimentica i Damned. E mantenendoci saldi nel nostro proposito di promuovere e sostenere qualsiasi forma di quello che abbiamo già definito (vedi post su Dietrich Buxtehude) lo sbifolcamento faidatè, ci azzardiamo a dire la nostra, e facciamo presente che se l'album d'esordio dei Ramones è del 1976, che è anche l’anno di New Rose dei Damned, secondo noi i primi brani di punk in assoluto (e questa è una cosa che nella Wikipedia c’è per modo di dire), ben prima anche della comparsa  dei New York Dolls, sono le canzoni di Roxy Music Editions of You e Virginia Plain (album Roxy Music, 1972), e sarà interessante notare che in Street Life, che apre Stranded, 1973, terzo album del gruppo, si può sentire già il caratteristico modo di cantare, con le parole che finiscono quasi tutte allungandosi in una a, che sarà dei Sex Pistols.
Ma già che ci siamo facciamo rilevare che il punk è stato un movimento, forse il primo, radicalmente caratterizzato non solo da aspetti musicali ma anche da elementi di pertinenza della cosiddetta immagine, e che quella che potremmo chiamare l’estetica del punk non comincia con i Pistols ma qualche anno prima, nel calderone musicale che a New York vedeva in azione gruppi come i New York Dolls, Blondie e i Ramones, e comincia con un singolo musicista particolare, Richard Hell quando suonava il basso nei Television, prima che Tom Verlaine lo sbattesse fuori (e infatti Richard Hell nel fondamentale Marquee Moon non c’è). Malcolm McLaren aveva visto il taglio di capelli e l’abbigliamento inventati da Hell e li aveva trasportati nei Sex Pistols. (bamborino, blifil, herzenstube) 
Con il libro di Laura Boella (che è una filosofa che ha partecipato a testi in cui compaiono anche scritti di  Humberto Maturana, ma non lo dice, come Daniel Dennett, in apertura del suo libro) siamo al passo successivo rispetto al libro di Lehrer, e cioè innanzitutto all’esame delle tecniche con cui le neuroscienze mettono in evidenza quel che accade dentro il cervello proprio nel  momento in cui accade. Ma la descrizione tecnica non è delle più dettagliate, perché l’oggetto del libro non è tanto il procedere degli studi scientifici in sé, quanto una valutazione della possibilità (e la pubblicità ha già cominciato a darsi da fare in questo senso) di utilizzare questi studi per la manipolazione del comportamento e del pensiero. E il passo successivo è l’impatto che lo studio dei correlati cerebrali del nostro comportamento può avere sul pensiero etico in generale.
In questo contesto, Laura Boella apre un discorso sul senso morale, e sulle scoperte ancora iniziali ma strepitosamente promettenti che la neurofisiologia sta facendo in questo campo, mettendo in evidenza come l’agire etico sia in realtà solo un aspetto del più generale comportamento di intenzionalità e della consonanza intenzionale tra gli individui, che non sono parole nostre ma del grande Vittorio Gallese, e un giro nel suo sito internet, suo di Vittorio Gallese, potrebbe essere molto interessante per tutti. Cioè si sta scoprendo che l’etica e più in generale le motivazioni del comportamento non nascono da cosiddetti ragionamenti, nel senso che vediamo qualcosa, ci facciamo su un pensiero e poi prendiamo una decisione giusta o sbagliata che sia. L’intenzione non solo nasce (vedi Lehrer) dall’emozione, ma è in qualche modo compresa, come diceva già la fenomenologia, nell’atto del percepire e nel modo (vedi ancora Lehrer) in cui noi stessi diamo struttura e senso alla percezione e al nostro rapporto con il mondo e con gli altri (e vedi Humberto Maturana). (bamborino, herzenstube)
Maurice Merleau-Ponty è spesso trattato come uno studioso di estetica, ma in realtà si è sempre occupato della percezione e, attraverso questa, della coscienza. Anche questo è uno scritto sull’arte, ma comincia distruggendo con immensa eleganza e totale chiarezza le pretese delle scienze riduzioniste e meccaniciste.
Merleau-Ponty è un fenomenologo, e quello che scrive in quest’opera, l’ultima della sua vita, va perfettamente d’accordo con gli altri libri di questo post (e anche con quel che dice Vittorio Gallese e tutta la ricerca sui neuroni specchio  e con Humberto Maturana), e basterebbe una frase di questo suo testo, "Vediamo solamente quel che guardiamo" (che è poi quel che dice anche la canzone di Paul Simon citata da Lehrer), per riassumere in un unico istante espressivo un intero discorso sull'intenzionalità e sul rapporto tra persona gesto e spazio.
Jonah Lehrer ha parlato di Paul Cézanne per spiegarci la neurologia della percezione visiva, ribaltando completamente i rapporti che avevamo sempre creduto di avere con ciò che è fuori di noi, e Maurice Merleau-Ponty parte ugualmente da Cézanne per accompagnarci in una vertigine che è insieme poesia e filosofia, fino al limite dell'abisso che si apre sulla perdita della distinzione che credevamo di poter fare tra ciò che è dentro di noi e ciò che è fuori.
Merleau-Ponty chiude questo testo e la sua vita dicendo che nessuna opera d'arte porta mai a compimento l'arte, perché ogni nuova opera d'arte altera approfondisce e ricrea le opere d'arte che l'hanno preceduta. Che è poi quello che ci dice la neurofisiologia moderna (vedi Lehrer), che ogni uomo ricrea di momento in momento sé stesso e tutte le versioni di sé stesso che hanno preceduto la versione attuale.
E dato che questa creazione è coscienza e pensiero e il pensiero non esiste senza linguaggio, partendo da Merleau-Ponty può valere la pena di fare un salto fino a Humberto Maturana e al suo Autocoscienza e realtà. (bamborino, herzenstube)
E da qui si va al blog di Jonah Lehrer, di cui raccomandiamo a tutti la lettura. (Rosa M.)
Nel libro di Lehrer, c'è un naif senza la dieresi a pag.24, l’orribile anglismo adattiva invece dell’italiano adattativa a pag. 43, e un ridicolo Agnostelli invece di Agostinelli per l’autista di Proust a pag. 75. Poi, a parte il solito esaustivo a pag. 43, dispiace che una persona attenta a quel che scrive come Laura Boella a pag. XIX presenti questo elenco di categorie: giovani, artisti, filosofi, giuristi e politici, che non si capisce come i giovani possano costituire un insieme paragonabile a questi altri. Ineccepibile il libro della SE.

Probabilmente il progresso scientifico più importante del XX secolo è il fatto che l’economia ha rimpiazzato la curiosità come forza motrice della ricerca scientifica. (Kary Mullis, Ballando nudi nel campo della mente)

1 commento:

  1. splendido post davvero. il libro di Lehrer è già finito nella mia lista dei desideri (o dei prossimi acquisti, che dir si voglia) e, visto come mi è andata con il romanzo "Callisto" segnalato sempre in questo blog, vista l'ottima e accattivante recensione, son sicuro sarà una splendida lettura. il saggio sembra breve e complesso, non superficiale e vario, una perfetta combinazione.
    il testo di Merleau-Ponty, beh, è decisamente splendido e intenso.

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