lunedì 23 settembre 2013

Gregory Bateson


Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente. (Adelphi)

Rileggendo dopo tanti anni un libro che ha avuto la sua importanza quando ero agli inizi delle mie fatiche per cercare di capire quello che avevo intorno e quello che facevo e pensavo e in che rapporti si trovava quello che avevo intorno con quello che facevo e pensavo, mi capita di attraversare ancora uno dei saggi di questa raccolta, il famosissimo La cibernetica dell’“io”: una teoria dell’alcolismo, su cui il pensiero psichiatrico corrente ha riversato migliaia di rigagnoli di parole, non fiumi ma rigagnoli, data la miseria complessiva del discorso psichiatrico e data anche la miseria dei discorsi psichiatrico-filosofici su questo saggio, e chi ha tempo da perdere può fare un giro con Google per rendersi conto.
Così ci ho trovato dentro, nel famosissimo e importantissimo saggio di Bateson, questo gioiello, che l’uomo vivente è imprigionato in una trama di premesse epistemologiche e ontologiche: l’uomo vivente, ci dice il grande Gregory Bateson, l’uomo vivente e non il cadavere.
Potrebbe essere un modo di dire, se Bateson non fosse considerato un autore attento e preciso e se non fosse considerato così tremendamente importantissimo, e non ci tenesse tanto alla precisione logica.
Tuttavia quella che sembra una sciocchezza che fa solo venire da ridere trova un riscontro in un altro dei saggi che compongono il volume, Pianificazione e deutero-apprendimento, quando Bateson ci dice che il sistema di valori che fa da sottostante al comportamento di una comunità dei Mari del Sud, i Manus, non è lontano dal nostro.
Ebbene sì, secondo Bateson una comunità tribale che non conosce la scrittura, non è industrializzata, non sa cosa sia il lavoro alienato e non conosce la circolazione del denaro e il sistema dei prezzi, in cui non c’è la pubblicità eccetera, secondo Bateson il sistema di valori in questa comunità non è lontano dal nostro.
Forse Gregory Bateson, nel guardare alle civiltà diverse dalla nostra, è imprigionato in quella diffusa trama di premesse epistemologiche e ontologiche del capitalismo e del pensiero occidentale, che lo portano a considerare dal punto di vista della nostra mentalità tutte le civiltà del passato e tutte le civiltà diverse dalla nostra.
Una diffusa trama di premesse epistemologiche e ontologiche che forse è stata fondamentale nel costruire la mentalità del colonialismo.
Mentalità del colonialismo che potremmo avere il sospetto di trovare ancora, sempre nel saggio sulla cibernetica dell’io, quando Bateson ci parla di popolazioni dotate di un’epistemologia errata (sic) e di culture che nel loro complesso non avranno mai realmente “senso”, o avranno senso solo in circostanze limitate e che potrebbero essere distrutte dal contatto con altre culture e nuove tecnologie.
Distrutte evidentemente, secondo lui, non tanto dalle armi da fuoco, o dalla guerra biologica fatta distribuendo indumenti infettati con il vaiolo, o dalla fame e dalla schiavitù, quanto dalla propria mancanza di senso.
Purtroppo per lui, Gregory Bateson rimane imprigionato in questa trama di premesse epistemologiche e ontologiche anche se da anni non è più un uomo vivente.
E purtroppo per noi, il pensiero psichiatrico, vivente e operante anche se cadaverico, rimane anch’esso imprigionato nella stessa trama di premesse epistemologiche e ontologiche.
Si aggiunga a questo che in Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione, sempre in questo volume, Bateson parla di quello che egli chiama Apprendimento 2, che a ben guardare è il modo essenziale di generazione dell’angoscia in una società dedita a quel doppio legame che lui stesso ha scoperto, ma naturalmente ne tralascia l’importanza sociale e ci avverte che anche in questo caso buona parte della faccenda risale alla prima infanzia. 
Che poi, non è che tutto quello che ha detto Bateson sia oro colato, per il pensiero psichiatrico e psicologico.
Perché oltre a queste cose Gregory Bateson ne ha detta un’altra, tremenda e secondo me importantissima, ma per quel che mi risulta nessuno se n’è accorto. O forse se ne sono accorti, i grandi della psichiatria e della psicologia, ma forse non hanno capito la portata della faccenda e si sono ben guardati dal parlarne.
Ancora in Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione, Bateson butta là una cosa sul livello di coscienza che egli chiama Apprendimento 3, che è riservato al genere umano, e che sostanzialmente è più o meno la capacità (qualunque cosa la parola capacità voglia dire) di fare dei pensieri sul contesto in cui ci si trova e sul fatto che si stanno facendo dei pensieri, nella consapevolezza di farlo, e di valutare quindi il rapporto tra la realtà e i propri pensieri, e tra i propri pensieri.
Che poi forse è più o meno quello che dice Marshall McLuhan in La galassia Gutenberg a proposito della tecnica della sospensione del giudizio, per la quale siamo in grado di trascendere i limiti dei nostri stessi presupposti operando una critica di essi. Che è poi una cosa che viene dalla fenomenologia.
E non è un caso che McLuhan ne parli a proposito di un aneddoto tratto dal famoso testo taoista di Chuang-Tse, e anche Bateson, in questo frangente, si richiama allo Zen.
In sostanza l’Apprendimento 3 sarebbe il più elevato livello di coscienza, e secondo Bateson questo livello di coscienza non ce l’hanno tutti.
E questa purtroppo, o per fortuna, è una di quelle cose tautologiche che per capirle bisogna avercele, e se non ce l’hai non la capisci nemmeno se te la spiegano.
Anche perché per capire cos’è la coscienza bisogna avere la coscienza della coscienza, e per l’appunto Bateson si richiama al buddismo Zen, per cui questa roba sarebbe sostanzialmente al di fuori della portata del linguaggio.
Che poi, non capire questa cosa nemmeno se te la spiegano, è più o meno quello che capita a Daniel C. Dennett, che anche se legge le cose che sulla coscienza scrive John R. Searle non capisce, perché la coscienza per capire che cos’è bisogna avercela e altrimenti non c’è niente da fare.
Come mi diceva negli anni Settanta un tossico a proposito delle sensazioni date dall’eroina, per capire bisognava provarle, perché altrimenti è come tentare di descrivere un tramonto a un cieco.
E infatti gli psichiatri e gli psicologi citano sempre Dennett, e in generale Searle non sanno nemmeno chi è.
Cioè come dice Bateson, all’Apprendimento 3 non ci possono arrivare tutti.
Forse a causa di una trama di premesse epistemologiche e ontologiche.
Ma Gregory Bateson non si è fermato qui.
All’inizio di questo saggio, quando fa un elenco di questi modi della conoscenza che chiama apprendimenti, ci mette anche l’Apprendimento 4, e dice che probabilmente non si manifesta in alcun organismo adulto vivente su questa terra, e aggiunge che il processo evolutivo ha tuttavia creato organismi la cui ontogenesi li porta al Livello 3, e che la   combinazione di filogenesi e ontogenesi raggiunge in effetti il Livello 4. Poi nel paragrafo successivo parla dell’importanza della genetica nel determinare la capacità di accedere ai diversi livelli dell’apprendimento, cioè della conoscenza, genetica che tuttavia di volta in volta si unisce alla capacità di apprendere.
In sostanza, in questo discorso che combina la filogenesi con l’ontogenesi, credo che Gregory Bateson non abbia una visione tanto diversa da quella di Teilhard de Chardin. Cioè nel 1972 forse Bateson intuiva come fosse profondamente legata alle caratteristiche dello sviluppo della specie umana la possibilità di quella unione tra la mente e l’estensione di conoscenza data dalla Rete (vedi Il lato oscuro della Rete di Nicholas Carr) che forse potrebbe essere l’inizio dell’Apprendimento 4. 
E alla fine bisogna riconoscere che il parlare difficile ha sempre il suo bel fascino. Se invece di dire, una trama di premesse epistemologiche e ontologiche, si dice, una massa di stupidaggini, è indiscutibilmente un’altra cosa. (herzenstube) 




Il mio unico problema era come vivere con me stesso un giorno dopo l’altro. (Henry Miller, Sexus)

1 commento:

  1. Bellissimo post. Vale più di tutte le trame epistemologiche e ontologiche e bla bla bla.

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