mercoledì 2 ottobre 2013

John Keegan


John Keegan, La prima guerra mondiale. (Carocci)

Milioni di morti, dieci milioni, e alla fine della guerra i corpi di quasi la metà dei caduti non sono stati recuperati.
Può bastare questo, per avere una vaga idea di quello che è stata una guerra di cui non è ancora stato possibile avere una comprensione chiara dei motivi che l'hanno scatenata, né delle ragioni per cui è continuata così a lungo.
E così stupidamente. Perché questo libro rende conto con precisione della sostanziale ottusità dei comandanti, e della equivalente ottusità di coloro che li potevano fermare e non l'hanno fatto. Che ci fossero dei morti, tantissimi morti per guadagnare un chilometro di terreno che poi sarebbe comunque stato perso, dei morti non importava niente, o importava poco.
John Keegan la chiama guerra tragica ed evitabile, e comincia delineando la situazione politica dell'Europa, una condizione di pacifica crescita strettamente dipendente dagli scambi e dalla cooperazione internazionale, nel cui quadro si pensava e si diceva apertamente che una guerra sarebbe stata talmente disastrosa che non solo non ci sarebbe stata, ma se ci fosse stata sarebbe finita immediatamente, dato che non poteva portare vantaggi a nessuno.
Avremo quindi una relazione dettagliata degli entusiasmi e delle luminose speranze di un prospero internazionalismo commerciale e intellettuale e addirittura sanitario, cui segue il racconto dettagliato dei giorni dal 28 giugno, la data di Sarajevo, all'inizio delle ostilità.
Poi, John Keegan ci dà i dettagli di tutte le battaglie in Europa e nelle colonie, le motivazioni delle decisioni dei comandanti, le condizioni del terreno, gelo fango pioggia roccia foreste e paludi, i movimenti delle truppe, gli armamenti impiegati, numero di cannoni e numero di proiettili sparati e peso dei proiettili, equipaggiamento dei fanti, caratteristiche costruttive delle trincee, piccoli aneddoti significativi, tutto. Con una precisione che invece di diventare noia e aridità di numeri, ci porta completamente dentro i fatti. Cioè sapere il numero di morti non è niente, ma leggere pagina dopo pagina come muoiono è profondamente impressionante.
L'eroismo dei neozelandesi e degli australiani, i turchi mandati a migliaia a morire di freddo contro i russi.
La storia della prima guerra mondiale come un romanzo collettivo.
Che finirà solo a preparare il mondo alla guerra successiva.
A questo proposito, quando Keegan ci parla degli scarti tra le comunicazioni militari e le comunicazioni diplomatiche che portarono alla guerra, e poi ci parla dello scarto tra la potenza di fuoco degli eserciti e le possibilità di comunicazione al loro interno che portò all'orribile serie di disastri da entrambe le parti per tutti quegli anni, il pensiero va a Empire and Communications di Harold Innis, e non è possibile non pensare che nella guerra successiva le tecnologie della comunicazione furono molto più efficaci, con i risultati che si sono visti soprattutto nel fare della guerra un fatto totale, anche a carico della popolazione civile.
E il livellamento della morte degli individui a un fenomeno indifferenziato al punto che non fu possibile dare un nome a moltissimi degli uomini che morirono in battaglia ci porta a considerare quella perdita delle differenze di cui parla René Girard in La violenza e il Sacro, e a pensare a come sia stata aperta così la strada che doveva portare alla perdita della soggettivazione di cui parla Giorgo Agamben in Quel che resta di Auschwitz.
Sempre nell'ambito di un discorso sulla preparazione della guerra che doveva venire, si potrebbe anche fare qualche riflessione sui massacri di civili che fecero seguito all'invasione del Belgio neutrale da parte dell'esercito tedesco, con particolare riferimento a quanto accaduto a Lovanio,di cui Keegan ci dà gli agghiacianti dettagli, 1.100 edifici rasi al suolo, 209 civili uccisi e 42.000 evacuati con la forza, mentre veniva distrutta una biblioteca di 230.000 volumi, così come si può riflettere sui differenti modi di trarre vantaggio dalle tecnologie disponibili, i tedeschi hanno la bella trovata dei gas e gli inglesi inventano il carro armato, e si può riflettere sugli affondamenti indiscriminati da parte dei sottomarini tedeschi, che furono determinanti per l'intervento in guerra degli USA.
Ci sono tante cose, in questo libro.
C'è l'estinzione degli uri, gli ultimi bisonti selvatici europei, sterminati nella distruzione della foresta di Augustow.
C'è l'entusiasmo patriottico dei giovani tedeschi, 25.000 studenti universitari che vanno volontari in guerra nell'ottobre 1914, e vengono mandati al fronte addestrati sommariamente e in fretta, e si trovano davanti i Royal Fusiliers di Londra, soldati di professione britannici che li fanno a pezzi.
Ci sono cose che forse non sapevamo dell'esercito italiano e della disfatta di Caporetto, e ci potremo domandare ancora una volta perché mai ci sono tutte queste strade e piazze dedicate al generale Cadorna.
C'è perfino la battaglia di Waterloo, quando Keegan confronta il comando antico, con Wellington che percorreva tutto il campo di battaglia e vedeva e sapeva tutto mentre i comandanti moderni erano lontani dalle linee per poter ricevere le comunicazioni telefoniche da tutti i punti del fronte, ma i fili del telefono in battaglia si danneggiavano e allora arrivavano informazioni fuori tempo o sbagliate, con i risultati che si possono immaginare, vedi supra quanto detto sul divario tra potenza di fuoco e comunicazioni. E dei comandanti degli eserciti della prima guerra mondiale Keegan dà anche delle magnifiche descrizioni psicofisiche. C'è anche un racconto decisamente sorprendente di quel che accadde in Russia dopo la rivoluzione bolscevica e perfino di quel che accadde in Finlandia, di come si sviluppò per gradi l'intervento controrivoluzionario degli eserciti occidentali, di come Trockij fece la sua parte di danni.
Veramente, come un romanzo collettivo, pieno di storie di cui non sarà facile dimenticarsi.
Io, credo che non mi dimenticherò mai del racconto della terza battaglia di Ypres, in cui i feriti si rifugiavano nei profondi crateri lasciati dai proiettili dei cannoni, e chi passava vicino li sentiva gemere, ma poi si mette a piovere, il terreno diventa fango e i crateri si riempiono d'acqua, i soldati non riescono a risalire perché scivolano nel fango, e i gemiti a un certo punto non si sentono più perché gli uomini sono morti annegati. Come lo racconta un ufficiale britannico. (blifil)

C'è una buona quantità di errori e refusi tra cui segnalo l'insopportabile decade, che in italiano significa dieci giorni, invece di decennio, e mi dispiace dover segnalare che John Keegan, a pag. 295, non dice che la fondamentale caratteristica rivoluzionaria della corazzata Dreadnought fu di avere i cannoni girevoli. 




L'uomo è attivo per natura e se lo si sa comandare, è pronto a obbedire, ad agire, a eseguire. (Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive)

Nessun commento:

Posta un commento